Italia del Prosecco, attenta ai tuoi politici: «Sul Prošek non è detta l’ultima parola»

Chi è la vittima di questa falsa battaglia in difesa del Made in Italy? La Croazia invita alla cautela

Italia del Prosecco, attenta ai tuoi politici: «Sul Prošek non è detta l'ultima parola»
EDITORIALE –
Contrariamente a quanto affermato dai politici italiani e, a ruota, dall’industria del vino italiano, non è ancora detta l’ultima parola sulla querelle che vede contrapposto il Prosecco al vino dolce croato Prošek, prodotto dalla notte dei tempi in Dalmazia in quantità limitatissime. Una guerra che l’Italia sta combattendo con grande veemenza, ma al suono della vigliacca menzogna che vorrebbe ridurre il Prošek a un’imitazione del Prosecco: una presunta «minaccia al Made in Italy» che, in realtà, non esiste. Così come sono di cartapesta i tanti paladini dell’Italia scesi in campo negli ultimi anni, su questo fronte.

In particolare, a scagliarsi contro i proclami arrivati nei giorni scorsi da Strasburgo, è l’europarlamentare croato Tonino Picula. L’esponente del Socijaldemokratska partija Hrvatske invita l’Italia alla cautela, attraverso un commento inviato in esclusiva a winemag.it, da Zagabria. «È sempre deplorevole – attacca Tonino Picula – quando le interpretazioni dei testi giuridici vengono distorte da velleità politiche. Mi rattrista che i miei colleghi italiani, in particolare il signor Paolo De Castro, rifiutino continuamente di impegnarsi in discussioni concrete e significative con argomenti basati sulla realtà. Al contrario, sacrificano le nostre buone relazioni per presentarsi come combattenti per la “causa nazionale”. Trovo che questo approccio sia vuoto e non colga nel segno».

DIFESA DEL MADE IN ITALY? UN PRETESTO

Il presunto affossamento dello storico vino dolce croato Prošek, tacciato di essere un’imitazione del Prosecco, è dunque frutto dell’interpretazione (politica) di De Castro. «Attendo con ansia il nuovo regolamento – continua l’europarlamentare croato Tonino Picula – e sostengo pienamente l’emendamento che ribadisce che le omonimie (nomi con ortografia o pronuncia uguale o simile) possono essere registrate se, nella pratica, c’è una sufficiente distinzione tra le condizioni dell’uso locale e tradizionale e la presentazione delle due indicazioni omonime. Ribadisco che il Prošek e il Prosecco sono due prodotti grandi e innegabilmente diversi: diversi i vitigni, diverso il metodo di produzione, diversi la consistenza, il colore, il gusto, l’odore e il tipo di vino, diverso l’imbottigliamento, diversa la collocazione nei menu e sugli scaffali dei negozi, e infine diversi i prezzi».

«Metterei in dubbio la conoscenza di base del vino di chiunque confondesse un vino da dessert scuro e sciropposo con un aperitivo leggero e frizzante. Ancora una volta, comprendo e sostengo gli sforzi italiani per prevenire l’uso improprio del nome Prosecco, che è tra i vini europei più contraffatti. Tuttavia – conclude Tonino Picula – ciò non può giustificare questi attacchi ciechi ai piccoli produttori tradizionali croati che applicano il nome Prošek come termine tradizionale e non come Dop». Curioso sottolineare come i due politici facciano parte dello stesso schieramento, ovvero il Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (S&D), nonostante le posizioni (e i toni) siano diametralmente contrapposti.

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